Approfondimento: Piccolo è bello, Grande è sovvenzionato
L'importanza delle infrastrutture pubbliche per le corporation: il caso Wall-Mart
APPROVIGIONARE PER CRESCERE
Gli artefici delle moderne economie industriali sanno benissimo di quali infrastrutture hanno bisogno: una rete di trasporti capace di distribuire rapidamente e in sicurezza materie prime, prodotti agricoli e prodotti industriali su lunghe distanze; grandi quantità di energie a poco prezzo, per alimentare processi produttivi e per consentirne un maggior consumo domestico; reti di comunicazione, che consentano il coordinamento centralizzato di attività sparse su un ampio territorio; sistemi scolastici destinati a fornire una forza lavoro formata per lavorare nell'economia delle corporation; gruppi di ricercatori che procurino continue innovazioni tecnologiche a ritmo veloce.
Non c'è dubbio che è questo programma che spinge le politiche statali relative alle infrastrutture. Un deputato britannico al Parlamento Europeo l'ha espresso con queste parole:
"Perché l'industria britannica possa sfruttare al meglio le opportunità offerte dal mercato unico, dobbiamo fornire le infrastrutture per soddisfare la domanda".
Non è affatto una politica nuova: lo sviluppo delle infrastrutture a sovvenzione statale "soddisfa la domanda" delle grandi corporation da molti anni.
Per valutarne i risultati possiamo prendere in esame una grande corporation, la Wall Mart, la più grande catena di vendita al minuto al mondo, che secondo alcune proiezioni è destinata a diventare la più grande società americana in assoluto. Il successo di questa società è stato spesso esaltato e ascritto all'acume commerciale e alla personalità del suo fondatore, Sam Walton. Raramente, se non mai, viene analizzato il ruolo di un'infrastruttura sovvenzionata con fondi pubblici. Se lo fosse, risulterebbe con chiarezza che "i prezzi più bassi ogni giorno" che questa grande società utilizza per costringere a chiudere le attività commerciali più piccole sono resi possibili solo da una forte quota di sussidi indiretti.
Nell'arco di una tipica settimana, Wall-Mart serve circa 70 milioni di consumatori, la maggior parte dei quali raggiunge in auto i negozi della catena entro un raggio di 80 km o più.
Lo spostamento è agevolato dal fatto che Wall-Mart costruisce i suoi centri vendita vicino alle uscite del sistema autostradale nazionale. In ogni negozio le casse leggono rapidamente i codici a barre dei prodotti con un lettore laser, facendo scorrere speditamente i clienti e contemporaneamente monitorando le vendite degli 80mila articoli in vendita. I computer delle casse sono collegati via satellite alla sede centrale di Wall-Mart ad Atlanta, in cui vengono costantemente monitorate le vendite e aggiornato il magazzino di ognuno dei 2300 centri vendita della società. Altre linee satellitari collegano i 43 centri distributivi e la flotta di camion, la posizione di ognuno dei quali è rilevabile attraverso la tecnologia satellitare GPS. Anche i magazzini di distribuzione sorgono vicino agli svincoli autostradali, ottimizzando il tempo di percorrenza per le consegne come quello degli spostamenti dei clienti.
Un numero sempre maggiore di articoli Wall-Mart viene prodotto all'estero, e nel solo 1995 è stata necessaria la spedizione via mare di 47mila container. Le navi portacontainer arrivano nei porti attrezzati per riceverli, i container viaggiano per ferrovia e vengono infine caricati sui camion che li portano ai magazzini di distribuzione. Questo sistema consente alla società di spedire su gomma gli articoli di cui ogni centro vendita ha bisogno, mantenendo gli scaffali sempre forniti.
Insomma, praticamente ogni prodotto venduto da Wall-Mart ha viaggiato per migliaia di kilometri su autostrade costruite con denaro pubblico, i terminal marittimi a cui arrivano le merci prodotte all'estero sorgono su suolo pubblico e sono gestiti da enti pubblici, i satelliti utilizzati dalla società per comunicare e per monitorare magazzini e camion sono il prodotto di un programma spaziale realizzato con fondi pubblici, e la tecnologia laser in grado di conoscere in tempo reale la posizione dei camion deriva da un programma di ricerca militare finanziato dal governo. Gli spostamenti dei consumatori sono resi possibili da una rete autostradale capillare, e anche i tecnici che hanno costruito e programmato, e che gestiscono i computer della società, sono usciti da un sistema educativo, ampiamento sovvenzionato con denaro pubblico, che crea personale tecnico altamente specializzato.
Questa lista potrebbe continuare all'infinito, ma ormai dovrebbe esservi chiaro che le infrastrutture di cui Wall-Mart ha bisogno sono state realizzate con denaro pubblico. Peggio ancora, persino il concetto di una catena di vendite al minuto della scala di Wall-Mart non sarebbe stato possibile senza queste infrastrutture.
Non solo i venditori su larga scala, ma anche i produttori, beneficiano delle infrastrutture pubbliche; spostano materie prime e prodotti finiti utilizzando queste stesse vie di trasporto, coordinano le filiali sparse sul territorio attraverso le reti di comunicazione, e si appoggiano ad un sistema scolastico sovvenzionato dal denaro pubblico per il personale tecnico necessario all'innovazione tecnologica. Questa dipendenza dalla rete pubblica dei trasporti e delle comunicazioni è stata indirettamente rivelata da una pubblicità della Toyota apparsa di recente sui giornali americani. Questa transnazionale giapponese ha pubblicizzato le parti "made-in-America" del suo modello Camry affermando:
"Noi compriamo i componenti migliori del mondo da qualunque stato provengano".
Veniva poi illustrato uno schema del modello in cui si indicavano con orgoglio gli stati da cui provenivano i vari componenti: anche se lo stabilimento di produzione è nel Kentucky, i 40 fornitori sono sparsi in tutto il territorio nazionale, dalla California al Vermont.
Il modello Camry della Toyota non presenta nulla di eccezionale a questo riguardo, e le regole di "libero scambio" significano che i componenti di molti prodotti fanno viaggi anche molto lunghi prima di essere assemblati.
I prodotti "made in USA" vengono oramai fabbricati di routine in un tale numero di altri paesi che la Commissione Federale per il Commercio (Federal Trade Commission) ha subito fortissime pressioni dalle industrie per cambiare la definizione di origine dei prodotti. La proposta era di conservare la dicitura "Made in Usa" sino al 25% dei costi di produzione in altri Paesi.
Per creare un'economia adatta alla scala su cui operano le corporation transnazionali è assolutamente necessaria una nuova infrastruttura industriale. Gran parte dei progetti di sviluppo del Terzo Mondo mirano a creare precisamente questa infrastruttura, per consentire a questi paesi di sollevarsi dai gradini più bassi della scala economica globale facilitando nello stesso tempo l'accesso delle corporation alle risorse e ai mercati del sud del mondo. Un recente convegno sulle "opportunità d'investimento" nei paesi meno sviluppati del Mediterraneo ha concluso che:
"la povertà delle infrastrutture è una grave limitazione agli investimenti in Medio Oriente e Nordafrica".
Costruire le sole infrastrutture energetiche per incoraggiare gli investimenti costerebbe circa 250 miliardi di sterline, la maggior parte dei quali pagati con denaro pubblico...
PICCOLA SCALA MA UMANA
Se le economie globali e le corporation che le dominano esigono un'infrastruttura industriale, le economie su piccola scala costruite intorno ai mercati locali hanno bisogni molto diversi.
In primo luogo, è minore la dipendenza dai trasporti a lunga distanza, con la riduzione del bisogno di autostrade, aeroporti e terminal portuali. Dato che i produttori produrrebbero per un mercato più piccolo, sarebbero più piccoli essi stessi e utilizzerebbero più lavoro umano e meno energia. I sistemi di comunicazione per coordinare le attività tra continenti non sarebbero più una priorità indispensabile...La ricerca si rivolgerebbe principalmente ad un miglior utilizzo delle risorse locali in un particolare ambiente, invece di concentrarsi su innovazioni tecnologiche da applicare mondialmente.
Anche se queste opzioni su piccola scala avrebbero costi molto minori delle grandi opere, che favoriscono i programmi delle corporation, i governi le hanno sistematicamente ignorate. Come per tutte le scelte più importanti, le decisioni sul tipo di infrastrutture in cui una società investe sono intrinsecamente politiche. Purtroppo un reale dibattito su questo problema è estremamente raro..
Il risultato è una facile profezia: se si continua a investire denaro pubblico nei bisogni di infrastrutture dell'economia industriale su larga scala, non stupitevi se sarà solo questa economia a "evolvere".
Testo tratto da "Piccolo è bello, Grande è sovvenzionato" (pp 41-45), di Steven Gorelick, Arianna Editrice, 2005