Approfondimento: Fatti e misfatti di Bankitalia

Illuminante estratto da "La Repubblica delle Banche", di Elio Lanutti, presidente dell'Adusbef, Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari, Finanziari, Assicurativi

Fonte:
18 Febbraio 2010


LA LEGGE BANCARIA DEL 1936


Nel 1926 venne approvata la prima legge bancaria (n.812/1926), che assegnò alla Banca d’Italia la funzione di emettere   moneta, con l’attribuzione del compito di vigilanza sul sistema bancario. Subito dopo l’occupazione del Sud, il Banco di Sicilia disponeva di ingenti riserve auree, che non poterono essere convertite ma vennero rastrellate nei forzieri della Banca d’Italia.

A fine operazione, le riserve auree non furono ritrovate nelle casse della Banca d’Italia. Erano finite nelle mani dispregiudicati imprenditori del settentrione, che avevano costituito banche socie della Banca d’Italia, come il Credito Mobiliare, la Banca Sconto e Sete di Torino e la Cassa Generale di Genova, per finanziare Mle nuove imprese industriali del Nord.


Con il decreto n. 1067 dell’11 giugno 1936 venne approvato lo statuto della Banca d’Italia, che assumeva la forma giuridica di Istituto di Diritto Pubblico, ossia diventava una Banca Centrale.

La legge bancaria del 1936, oltre a stabilire una netta divisione tra banche e casse di risparmio, che potevano erogare credito a breve, medio e lungo termine, impose che le azioni di Bankitalia potessero essere possedute soltanto da casse di risparmio, da istituti di credito di diritto pubblico e da banche di interesse nazionale, istituti di previdenza e di assicurazione tutti a controllo pubblico, per raggiungere la finalità di mantenere la Banca d’Italia sotto il controllo dello Stato.

Con le privatizzazioni delle banche pubbliche e delle casse di risparmio dei primi anni Novanta, gli istituti di interesse pubblico e le banche di interesse nazionale hanno cambiato natura finendo sotto l’ombrello di grandi gruppi privati.


LA RIFORMA DELLO STATUTO


Dopo gli scandali finanziari che hanno coinvolto le autorità preposte ai controlli – Consob e Banca d’Italia – quanto meno per omessa vigilanza, con il decreto del Presidente della Repubblica, pubblicato nel dicembre 2006, è stato approvato il nuovo statuto, che adegua la Banca d’Italia ai principi e alle regole contenuti nella nuova legge sulla tutela del risparmio e sulla disciplina dei mercati finanziari (legge n. 262 del 2005).


I punti salienti del D.P.R. riaffermano la natura pubblicistica della Banca, con criteri di autonomia e di indipendenza dell’operato; disciplinano nomina, rinnovo e revoca del mandato del governatore, in linea con quanto previsto nel sistema delle Banche centrali europee; demandano al Consiglio superiore la nomina del direttore generale e dei vice direttori generali; attribuiscono al Consiglio superiore nuove funzioni di vigilanza e di controllo all’interno della Banca – ferme restando le funzioni di vigilanza creditizia e finanziaria del CICR – nonché l’approvazione del bilancio annuale di previsione degli impegni di spesa, della fissazione del limite annuo per l’erogazione eventuale di somme a scopo di beneficenza o per contributi di pubblico interesse, e degli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali.


La nuova forma giuridica non risolve un conflitto di interesse tra controllore (la Banca d’Italia) e controllati (le banche azioniste), presente solo in Italia.



La Banca d’Italia è in mano a privati e gli istituti di credito che dovrebbe controllare sono le banche stesse che ne fanno parte.


I primi due gruppi bancari, Intesa San Paolo (44%) e Unicredit-Capitalia (22%) hanno la maggioranza assoluta del capitale di Bankitalia(66%), seguiti da Assicurazioni Generali (6,33%), INPS (5%), Banca Carige (3,96%), Banca Nazionale del Lavoro (2,83%), Banca Monte dei Paschi di Siena (2,50%), Gruppo Premafin-La Fondiaria (2,00%), Cassa di Risparmio di Firenze (1,85%), RAS-Riunione Adriatica di Sicurtà (1,33%)*.



UN SEPOLCRO IMBIANCATO


Mario Draghi, attuale governatore di Bankitalia
ed ex vicepresidente di Goldman Sachs, nelle pubbliche audizioni davanti al Parlamento spesso sprona Governo e pubblica Amministrazione a contenere la spesa pubblica (soprattutto sanitaria e pensionistica), tagliare le inefficienze, ridurre gli sprechi,
aumentare l’età pensionabile, risanare il bilancio in coerenza con una politica di sacrifici.

Sono tesi condivisibili.


È però credibile un governatore che rivolge appelli alla classe politica, per adottare politiche economiche virtuose, dall’alto di un pulpito come il più alto scranno di Bankitalia, che gestisce oltre 8.000 dipendenti, qualificati ma spesso inutili per le funzioni di un’autorità di vigilanza, che non ha più il controllo della moneta, con un costo di oltre 604 milioni di euro l’anno, solo per remunerare il personale, con una media di 80.000 euro l’anno, contro i 18.000 euro dei metalmeccanici?*


Bankitalia ha un organico composto da una pletora di direttori generali, direttori, graduati, coadiutori, capi e capetti.



Sotto le dipendenze di Draghi vi sono, infatti: 10 funzionari generali, 464 funzionari di prima categoria, 90 primi funzionari, 60 funzionari di prima cassa, 125 ingegneri di prima categoria, 118 condirettori, 411 funzionari di seconda categoria, 14 ispettori capo, 19 ispettoriprincipali, 178 coadiutori principali, 777 coadiutori, 1.646 assistenti superiori, 576 assistenti superiore di cassa, 80 direttori di succursale, 16 condirettori centrali, 117 primi operatori capo, 381 operatori capo, 187 primi operatori, 50 direttori principali, 13 direttori superiori, 10 capiofficina, 51 capireparto, 4 direttori principali tecnici, 7 condirettori tecnici.*



Come fa la Banca d’Italia a giustificare un esercito di 8.060 dipendenti, con organici che superano di ben 5,5 volte quelli delle principali autorità, che, tutte e sei assieme, arrivano a 1.500 dipendenti e con l’Antitrust, che ne ha meno di 300?




* I dati riportati sono del 2008, NdR.




Testo tratto da "La repubblica delle banche" (pp. 20-22), di Elio Lanutti, Arianna Editrice, 2008



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